giovedì 26 marzo 2020

Il pensiero di Henri Bergson

Per Bergson la filosofia non è una teoria generale, bensì una pratica, un’attività di chiarificazione atta a dissolvere in modo preciso la metafisica tradizionale, che si presenta come un insieme di problemi angoscianti, insolubili ed eterni.
Per questo la filosofia può essere considerata una terapia che mostra come questi problemi siano in realtà pseudo - problemi, dovuti alla sovrapposizione all'esperienza di schemi appresi dal linguaggio.

Bergson critica l’illusione che si genera dallo scambio dei miraggi costruiti dal linguaggio per reali contenuti d’esperienza.

L’esperienza, per la sua continuità, può essere paragonata ad una melodia, che non è mai conclusa finché siamo in vita, ed è sempre volta al futuro come al suo senso fondamentale. L’illusione metafisica consiste allora nella sua riduzione a partitura scritta. Si assume un punto di vista estraneo al processo e lo si contempla dal di fuori come se fosse qualcosa di dato (alienazione).

Ciò che trae in inganno della metafisica è lo scambio dell’astratto con il concreto. Per Bergson, ciò che è soltanto l’effetto di un’analisi e che quindi ha valore di simbolo della cosa, viene preso per una parte componente della cosa stessa.


Bergson sostiene che la filosofia debba essere una scienza rigorosa, che elabora un metodo per descrivere, nel modo più preciso possibile, le cose stesse. Inoltre essa ha un interesse puramente speculativo, che implica lo scarto del sapere apparente per tornare ai dati immediati dell’esperienza. Se la metafisica tradizionale consiste nel superamento dell’esperienza sensibile, quella bergsoniana è un ritorno al’esperienza originaria.

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