giovedì 26 marzo 2020

Il pensiero di Henri Bergson

Per Bergson la filosofia non è una teoria generale, bensì una pratica, un’attività di chiarificazione atta a dissolvere in modo preciso la metafisica tradizionale, che si presenta come un insieme di problemi angoscianti, insolubili ed eterni.
Per questo la filosofia può essere considerata una terapia che mostra come questi problemi siano in realtà pseudo - problemi, dovuti alla sovrapposizione all'esperienza di schemi appresi dal linguaggio.

Bergson critica l’illusione che si genera dallo scambio dei miraggi costruiti dal linguaggio per reali contenuti d’esperienza.

L’esperienza, per la sua continuità, può essere paragonata ad una melodia, che non è mai conclusa finché siamo in vita, ed è sempre volta al futuro come al suo senso fondamentale. L’illusione metafisica consiste allora nella sua riduzione a partitura scritta. Si assume un punto di vista estraneo al processo e lo si contempla dal di fuori come se fosse qualcosa di dato (alienazione).

Ciò che trae in inganno della metafisica è lo scambio dell’astratto con il concreto. Per Bergson, ciò che è soltanto l’effetto di un’analisi e che quindi ha valore di simbolo della cosa, viene preso per una parte componente della cosa stessa.


Bergson sostiene che la filosofia debba essere una scienza rigorosa, che elabora un metodo per descrivere, nel modo più preciso possibile, le cose stesse. Inoltre essa ha un interesse puramente speculativo, che implica lo scarto del sapere apparente per tornare ai dati immediati dell’esperienza. Se la metafisica tradizionale consiste nel superamento dell’esperienza sensibile, quella bergsoniana è un ritorno al’esperienza originaria.
Carl Gustav Jung

Per alcuni anni Jung è stato allievo, amico e collaboratore di Freud. Poi, i due si sono allontanati e Jung ha elaborato una versione della psicoanalisi diversa da quella freudiana


Prima di conoscere Freud, Jung era psichiatra e lavorava nella clinica Burghölzli di Zurigo, un centro importante per la psichiatria dell’epoca, diretto da Edmund Bleuer. Alla clinica di Bleuer si studiava e si curava la schizofrenia in modo innovativo. Parlare coi pazienti e ascoltarli era considerato parte integrante della terapia.

In questo contesto, Jung fu incaricato di svolgere dei test di associazione verbale e studiarne i risultati. Con questa ricerca Jung si avvicinava già al lavoro di Freud, perché la psicoanalisi freudiana fa affidamento proprio sulle libere associazioni.

Freud era razionalista, materialista e ateo, mentre Jung era interessato alla mitologia, alla mistica e alla religione, che considerava, al pari dell’inconscio, come non-razionali. Fin dall'inizio, poi, i due avevano opinioni diverse su alcuni elementi della teoria psicoanalitica. 

Per esempio, sul ruolo della libido e della sessualità: secondo Jung, la libido era energia psichica in senso lato, e non energia sessuale. Dal punto di vista di Jung, Freud era riduzionista: riduceva il senso delle formazioni dell’inconscio al desiderio e alla sessualità. 

Il pensiero di Jung

Psicologia analitica” è il nome che Jung diede alla propria teoria, per distinguerla dalla psicoanalisi freudiana. Nonostante le molte differenze, tuttavia, si può considerare la teoria di Jung come una variante della psicoanalisi, perché si fonda sullo stesso elemento essenziale: l’inconscio – anche se lo definisce in modo diverso. 

L’inconscio descritto da Jung è duplice: sia individuale che collettivo

  • L’ipotesi dell’inconscio collettivo è uno degli elementi di differenza della teoria junghiana rispetto a quella freudiana. 
  • L’inconscio collettivo è basato su formazioni archetipiche comuni all’intera umanità e alla sua storia
Gli archetipi sono immagini virtuali, (esempi: “i genitori”, “la donna”, “i bambini”, “la nascita”, “la morte”) comuni a tutti, prive di contenuto specifico.

Il relativismo di Jung

Pur avendo costruito una teoria psicologica definita, Jung ha sempre sostenuto le ragioni del relativismo. Una scienza certa della psiche non è possibile, secondo Jung, perché in psicologia l’osservazione dell’oggetto coincide sempre in parte con il punto di vista del soggetto:

«In psicologia sussiste la circostanza affatto particolare che, nella formazione dei concetti ad esso attinenti, il processo psichico non è soltanto oggetto, ma allo stesso tempo anche soggetto» (Jung, Tipi psicologici).


Quindi, le teorie psicologiche sono e saranno sempre necessariamente molte e nessuna potrà dirsi definitiva. Con ciò, Jung non intendeva sostenere che una teoria valesse l’altra o che non si potesse giudicarne la validità, la coerenza o l’efficacia. 
La vita di Freud

Sigmund Freud nasce nel 1856 a Freiberg.
Nel 1860 si trasferisce a Vienna a causa della complicata situazione economica della famiglia.
Successivamente, nel 1881, si laurea in medicina e inizia tirocinio in diversi laboratori di ricerca, proseguendo poi presso il reparto di malattie nervose dell' ospedale viennese e nel 1885 ottiene la libera docenza in neurologia.


Freud oltre a ciò, ottiene anche una borsa di studio che gli consente di andare nella capitale francese presso il dottor Charcot. Al ritorno dalla Francia, nel 1886, Freud apre a Vienna uno studio privato così da poter curare le malattie nervose.


Colpito da un tumore alla mascella, Freud viene quindi sottoposto a numerose operazioni chirurgiche. Ernst Jones, biografo e suo fedele seguace, prende nota dei terribili momenti che Freud, durante la malattia, è costretto ad affrontare. Inoltre Jones appunta il lento declino fisico di Freud (considerato padre della psicoanalisi), fino alla sua morte.


Gli ultimi anni trascorsi da Freud sono tormentati anche dal dilagare della furia nazista, la quale censura i suoi scritti e il movimento psicoanalitico. L' 11 marzo 1938 i nazisti invadono l' Austria, e a tal proposito a Freud viene suggerito di abbandonare la capitale austriaca, egli è però troppo debole per potersi mettere in viaggio. La polizia nazista minaccia S.Freud e la sua famiglia e questo li obbliga a trasferirsi, prima a Parigi e poi a Londra, dove morirà il 23 settembre 1939.

Opere principali di Sigmund Freud:
- collaborazione con Joseph Breuer alla stesura di "Studi sull' isteria" (1895);
- ""(1900);

- "Psicopatologia della vita quotidiana" (1901);
- "Tre saggi sulla sessualità" (1905);
- "Totem e tabù" (1912-1913);
- "Introduzione alla psicoanalisi" (1915-1917);
- "Al di là del principio del piacere" (1920);
- "Psicologia delle masse e analisi dell' Io" (1921);
- "Il disagio della civiltà" (1929);
- "Costruzioni in analisi" (1937);
- "Psicoanalisi" (1938)
Il pensiero di Marx

Al centro del suo pensiero c’è la critica al materialismo, concetto cardine dell’economia, della società e della cultura capitalistica che caratterizza il suo tempo.
La sua opposizione al capitalismo e a tutto ciò che ne deriva è una delle chiavi fondamentali per la nascita delle ideologie socialiste e comuniste durante la seconda metà del XIX secolo. Marx è colui che ha dato vita alla corrente socioeconomica politica che prende il suo nome, il marxismo.



Secondo Marx l'uomo risulta alienato a causa dello sfruttamento economico sistematico cui è sottoposto nella società capitalistica, che determina condizioni di vita estremamente drammatiche.
L'alienazione è dunque un fatto tangibilelegato a un preciso sistema di produzione, e si presenta in quattro forme diverse. 

Il lavoratore è alienato:

  1. nei confronti del prodotto del suo lavoro, che appartiene al capitalista;
  2. nei confronti della sua stessa attività che, come forza-lavoro è venduta al capitalista al par del di qualsiasi altra merce;
  3. in relazione alla sua stessa essenza che, consistendo nell'attività lavorativa, nel sistema capitalistico risulta espropriata, riducendo il lavoratore a una pura funzione animale;
  4. nei confronti dei suoi simili, in quanto l'unico rapporto sociale è quello di dipendenza dal capitalista.

La concezione materialistica

La concezione materialistica della storia fu sviluppata da Marx in diretta polemica con la filosofia hegeliana. 
Essa divenne parte integrante del marxismo teorico e principale veicolo della sua influenza.

Il nucleo della concezione materialistica della storia sta nell'affermazione che gli uomini, i quali vivono e producono in una data società, si trovano a muoversi entro «determinati rapporti necessari e indipendenti dalla loro volontà», che sono i rapporti di produzione propri di una determinata fase dello sviluppo storico; questi costituiscono la struttura economica della società, la base reale sulla quale si eleva la sovrastruttura dei rapporti giuridici e politici, la vita intellettuale, morale e religiosa, e soprattutto le forme determinate della coscienza sociale. 

Nelle condizioni materiali, che comprendono l’ambiente naturale geografico e lo sviluppo demografico, determinanti soprattutto sono le forze produttive (strumenti di produzione, gli uomini che li producono e li muovono, le esperienze e le abitudini di lavoro, i beni prodotti) e i rapporti di produzione (sistemi di produzione: bottega, manifattura, industria; e relazioni di lavoro: schiavitù, artigianato, salariato), che nel loro insieme caratterizzano l’ordinamento di una data epoca storica (schiavismo, feudalismo, capitalismo). 

Sono i contrasti profondi nel campo della vita economica e produttiva, e in dati periodi il contrasto fra le forze produttive e i rapporti di produzione, fra l’accrescimento e il progresso dei mezzi di produzione e degli uomini che li usano e i sistemi di produzione e di lavoro, che soffocano il loro sviluppo, determinano i contrasti e i conflitti nel campo sociale, e, nel caso del contrasto fra forze produttive e rapporti di produzione, caratterizzano un’epoca di rivoluzione, in quanto prima o poi quel contrasto sbocca in rivolgimenti e trasformazioni giuridici e politici. In questi conflitti e rivolgimenti le idee agiscono per il materialismo «come forze materiali», accentuando e organizzando il movimento di trasformazione dell’ordine giuridico, politico, sociale e produttivo esistente. 

Questa concezione ha il suo fondamento nel principio che «la vita non è determinata dalla coscienza, ma la coscienza è determinata dalla vita», che «la coscienza non può mai essere qualcosa di diverso dell’essere consapevole»; perché anzi «la produzione delle idee, delle rappresentazioni, della coscienza è, in un primo tempo, direttamente intrecciata con la vita materiale» e con l’attività e lo scambio fra gli uomini.

Il pensiero di Kierkegaard 

La filosofia di Kierkegaard è un esaltazione religiosa, in quanto afferma la validità della religione nell’esistenza umana.

La religione è per il filosofo l’unica via di salvezza, l’unico modo di sottrarsi ad una condizione esistenziale caratterizzata dalla possibilità di angoscia e disperazione.
Scegliere per Kierkegaard significa esistere. L’individuo non è ciò che è, ma ciò che sceglie di essere.
Se l’uomo rinuncia a scegliere egli rinuncia a farsi valere come io e la sua personalità appassisce.
L’incertezza determina sentimenti di angoscia che soltanto il cristianesimo e l’aiuto soprannaturale della fede può aiutare a superare.

Le differenze con il pensiero di Hegel


Diversamente da Hegel che considerava la ragione l’unica e vera realtà che si realizza in un processo dialettico, Kierkegaard diceva che non esiste la verità oggettiva ma la verità del singolo. Cioè la verità è soggettiva in quanto è legata all’esperienza del singolo individuo.
Lo scopo della sua filosofia è proprio quella di inserire il singolo nella ricerca filosofica.
A differenza di Heigl quindi egli afferma che il singolo individuo è superiore al genere umano.

Gli stadi dell'esistenza


Gli stadi dell’esistenza sono I modi fondamentali di vivere e concepire l’esistenza.
Essi sono tre: la vita religiosa la vita etica la vita estetica.


  • Lo stadio estetico è la forma di vita in cui l’uomo rifiuta ogni legame o impegno continuo, ma vive attimo per attimo in cerca di novità e avventure.
Tuttavia l’esteta, vivendo solo di piaceri momentanei, non sviluppa una propria personalità.


  • Lo stadio etico è la forma di vita di colui che sceglie di scegliere.
L’individuo che sceglie di scegliere accetta di seguire un modello universale di comportamento , come il matrimonio, basato sulla scelta della fedeltà e della normalità.
L’individuo nell'adottare determinati modelli di comportamento non sviluppa alcun tipo di personalità e quindi anche questo modello è destinato a fallire.

Quindi l’essere umano sente il bisogno di un esperienza più profonda che riesca a vincere l’angoscia. L’uomo sente il bisogno quindi di una vita religiosa.

La vita religiosa


La vita religiosa è lo stato della fede da quell'uomo giunge dopo aver superato angoscia e disperazione.
L’uomo è posto davanti ad un bivio:credere o non credere.  Da un lato è lui che deve scegliere dall'altro non può perché Dio è tutto e da lui dipende anche la fede.
Quindi nella vita religiosa c’è una profonda contraddizione uguale a quella dell’esistenza umana.

Perciò il cristianesimo esprime la sostanza stessa dell’esistenza. Infatti paradosso,scandalo, dubbio, angoscia, impossibilità di decidere, sono le caratteristiche del cristianesimo e dell’esistenza.

Le opere principali di Kierkegaard


Tra le opere più importanti di Kierkegaard ricordiamo: 

  • Enten-Eller
  • Timore e Tremore 
  • il concetto dell’angoscia
  • la malattia morale 
Le caratteristiche principali della sua filosofia furono: 
  • L’esistenza cioè L’importanza assegnata all'esistenza concreta dei singoli esseri umani.
  • La possibilità la centralità del criterio della possibilità, concepita come la cifra caratteristica dell’essere umano.  
  • La riflessione soggettiva e la storia una rivoluzione della riflessione soggettiva, appassionata, in cui l’uomo viene inserito nel contesto in cui vive.
  • L’aut aut il credere che la vita sia caratterizzata da una scelta che obbliga ad un aut aut.
Il pensiero di Nietzsche 
La vita di Nietzsche si divide in due periodi:
Nella sua prima fase, Nietzsche , vuole celebrale  il trionfo sulla vita e la sua accettazione più totale e completa.
Davanti alla crudeltà, alla sofferenza, all'incertezza dell’esistenza Nietzsche decide di essere un discepolo di Dioniso, il dio dell’ebbrezza che incarna le passioni del mondo e che si contrappone ad Apollo, dio dell'ordine e della razionalità. Nella seconda fase della sua filosofia, Nietzsche è mosso dal proposito di liberare la mente degli uomini da un “errore” fondamentale: la metafisica
La critica a quest’ultima disciplina filosofica si concretizza nella nota espressione della “
morte di Dio”.  


Chi è Dio?

Secondo Nietzsche, Dio è la nostra più lunga menzogna, è la personificazione di tutte le varie certezze morali, religiose attraverso cui l’umanità ha dato un senso rassicurante al caos della vita.
È l’essenza di tutte le credenze create dall'uomo.
Scrive Nietzsche«C’è un solo mondo ed è falso, crudele, contraddittorio, senza senso (…) Noi abbiamo bisogno della menzogna per vincere questa realtà, questa ‘verità’. Cioè per vivere».

Cosa vuol dire Dio è morto?
Con l’espressione "Dio è morto", Nietzsche intende la fine delle certezze che hanno guidato gli uomini per millenni. La morte di Dio non è un evento compiuto, bensì è in corso ed è annunciato dal cosiddetto “uomo folle” (il filosofo) mentre il resto dell’umanità non ne è ancora pienamente consapevole. 

Il Superuomo
La terza fase della filosofia di Friedrich Nietzsche si apre dunque con le alternative che si aprono con la morte di Dio: l’avvento dell’ “ultimo uomo” o del “superuomo
il superuomo è un concetto filosofico che si colloca nel futuro: corrisponde all’idea di un uomo nuovo, oltre e diverso da ciò che conosciamo. La stessa parola tedesca che utilizza Nietzsche è Ubermensch che può essere tradotta anche con “oltre-uomo”, cioè di un uomo oltre l’uomo esistente.   
Le caratteristiche che possiede il superuomo sono:

  • l’accettazione della visione dionisiaca della morte di Dio

  • il suo collocarsi nella prospettiva dell’eterno ritorno dell’uguale: Secondo Nietzsche tutti gli eventi del mondo si ripresentano sempre identici a se stessi infinite volte. Pur essendo difficile stabilire con certezza cosa sia effettivamente questa teoria. il suo significato è chiaro e differenzia nettamente l’uomo dal superuomo: mentre il primo reagisce con terrore alla prospettiva di un eterno ripetersi degli eventi, il secondo la accoglie con gioia. Tale reazione scaturisce dalla prospettiva di vivere la vita come un qualcosa di “creativo” che ha in sé il proprio appagamento, di non ricercare in un “oltre” questo mondo la felicità e il proprio senso. In sintesi: vivere la vita come se tutto si dovesse ripetere all'infinito.

  • la capacità di mettere in discussione la morale

  • il porsi come volontà di potenza 


La volontà di potenza 
La volontà di potenza è il senso dell’essere, è la vita intesa come forza espansiva. Pertanto la molla della vita non è la ricerca del piacere o l’istinto di sopravvivenza, ma la spinta dell’autoaffermazione. La volontà di potenza s’incarna nel superuomo, che è libertà creativa e la continua auto-creazione della vita.
In questo caso l’arte è rappresentazione creativa e interpretativa della realtà, è volontà di potenza.