giovedì 30 aprile 2020

Husserl e la Fenomenologia


Edmond Husserl, coetaneo di Henri Bergson, è considerato il padre della Fenomenologia, che è non solo un indirizzo di pensiero complesso ma soprattutto un metodo filosofico di indagine.


Husserl che diventerà in seguito maestro di Martin Heidegger scrive in un periodo storico drammatico: in un’Europa sconvolta e devastata dalle guerre e dai totalitarismi e pare abbia smarrito il senso stesso della civiltà. Tale declino secondo il filosofo si accompagna alla crisi della scienza che ha perduto la propria finalità originaria e è arrivata a reificare l’uomo e la realtà e dunque non è più in grado di offrire una soluzione ai problemi dell’umanità. Fin dall'origini di Galileo in poi, la scienza ha fondato il suo metodo di indagine su una concezione dualistica della conoscenza: che separa il soggetto conoscente dall'oggetto  conosciuto. 

Secondo Husserl questo ha portato alla obiettivazione del mondo scientifico, alla pretesa di sostituire la nostra esperienza del mondo con quanto invece possiamo studiare attraverso la scienza. Questo ha condotto la filosofia e il positivismo a ridursi alla ricerca dei fondamenti delle scienze. I tentativi passati per venire a una conoscenza filosofica oggettiva e universale fondata sul soggetto sono falliti. L’empirismo di Hume si è ridotto ad assumere un carattere dogmatico mentre il razionalismo cartesiano ha rinunciato a interrogare a fondo l’io puro. Husserl propone dunque come via d’uscita la Fenomenologia; un nuovo metodo di indagine filosofica che superi la tradizionale distinzione tra soggetto e oggetto e che conduca alla conoscenza delle essenze ossia delle caratteristiche universali e necessarie di ogni cosa.


Il metodo fenomenologico è dunque la risposta alla crisi epistemologica di fine ottocento e inizio 900, e fonda la conoscenza sul fenomeno. Husserl è convinto che si debba guardare alle cose stesse, ossia al manifestarsi di un oggetto concreto alla nostra coscienza. Questo è un metodo basato sull’epochè: la sospensione del giudizio, la messa tra parentesi del mondo circostante così come esso ci è dato dalla conoscenza scientifica che è tuttavia diversa dal dubbio cartesiano, perché non intende mettere in dubbio l’esistenza stessa di ciò che ci circonda bensì vuole sospendere il giudizio sulla conoscenza scientifica per rifondarla sulla coscienza. L’esercizio dell’epochè si articola dunque su tre fasi successive:

1. la riduzione fenomenologica: che arriva a comprendere come la realtà che noi effettivamente possiamo conoscere è solo quello dei fenomeni ossia dei manifestarsi degli oggetti alla coscienza
2. la riduzione eidetica: Che perviene alle essenze dei fenomeni ma questi non sono concetti anti rem così come le idee platoniche bensì in re, ossia si manifestano nell’istante stesso in cui l’oggetto arriva alla nostra coscienza
3. la riduzione trascendentale, l’epochè lascia un residuo fenomenologico, un qualcosa che non è sostanza, che non esiste indipendentemente dalla realtà e che con la coscienza di qualcosa e dunque è intenzionalità, trascendentale perché ogni atto psichico non può esistere se non c’è un oggetto a cui riferirsi.

L’analisi della coscienza per comprendere quali sono le modalità con cui si perviene alla conoscenza la fenomenologia una analisi di come la coscienza si rapporta ai propri prodotti ossia ai cogitati. L’intenzionalità che è fondamentalmente: pensiero, emozione, desiderio, che si riferisce a un oggetto altro e diverso dalla conoscenza ad un oggetto percepito, immaginato, voluto, si articola a sua volta in noesis. Che è l’insieme dei modi in cui la conoscenza si divide dirige verso gli oggetti e dunque per esempio attiene al pensare, al volere, al desiderare, e noema. È invece l’insieme dei modi attraverso il quale gli oggetti possono apparire come date di coscienza e dunque come percepiti desiderati ho voluti.

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